Thursday, August 23, 2007

Tiziano Salari


Sul numero 9 di "Hebenon" (novembre 2007), Salari scrive, fra l'altro: "Dopo il beato confine, da attingersi dantescamente dopo aver attraversato il Lete, di cui aveva parlato in come a beato confine (2003), Guglielmin ci racconta, in questa sua ultima opera, il permanere della distanza tra noi e la verità dell’essere, la ferita che rimane aperta (immedicata) e che solo la poesia cerca, in qualche modo, di medicare. In un breve testo che precede le sette parti in cui è strutturato il libro, la poesia viene definita una specie di fermentazione del vuoto di un organismo che si sdoppia in una parte animale e in una parte umana consapevole della morte e che si accende come un effimero bagliore di luce che ci riconduce all’origine (alla madre, o al nulla da cui siamo venuti)"


un caro abbraccio a Tiziano.